Translate

sabato 18 febbraio 2023

Genesi di un sogno.

 Un pomeriggio d’estate, all’epoca avevo forse sei o sette anni, guardavo l’orizzonte che chiudeva come un cerchio tutto ciò che la vista riusciva a scrutare. Tanto era, ma molto di più ciò che celava, cosa nascondeva quella linea? l’oltre com’era? 

Carla, mia sorella maggiore, mi disse: - Sai che se continui a camminare nella stessa direzione arriverai nel punto in cui sei partito?- Che pensiero sconvolgente per me. In un attimo l’infinito diventava finito. La sfericità della terra poteva essere provata. Ma quanto dovrò camminare? E i mari da attraversare? - Ipoteticamente- mi disse -  Praticamente è impossibile o alquanto difficile -

Per giorni i miei pensieri vagavano in quel mistero, se effettivamente era possibile percorrere anche una sola frazione di arco di parallelo, avendo tempo, frazione dopo frazione si puoteva costruire l’intero, ovviamente: costi, prove difficili, imprevisti, pericoli, ecc.

I sogni s’infrangono con la realtà, mi risuonano ancora nelle orecchie le frasi:.. sei troppo piccolo, ... di cosa vivresti? ...e i tuoi cari? Ammesso che ti lasciassero partire, ne soffrirebbero troppo. Già gli affetti, la cosa più bella che al tempo conoscevo, non l’avevo tenuta in conto. Andare sarebbe stato un tradire il bene che avevano riposto in me. Sputare in faccia a chi aveva fatto di tutto per iniziarmi alla vita. Insomma quei legami famigliari improvvisamente diventavano ostacolo alla mia libertà, erano effettivamente legami dai quali non mi sarei mai sciolto, o forse chissà…

Confidai questa angoscia a mia mamma, che ancora ammiro per la sua bontà e saggezza, e lei mi disse: - Forse quando sarai grande lo potrai realizzare, non è importante sapere se lo farai, è importante sapere che non è impossibile.-

Gli anni passano, ma i desideri, quelli veri, restano. I desideri non soddisfatti generano frustrazioni. Cercai, allora, di isolare queste frustrazioni sublimando quel “potrai fare” sul fare cose concrete, quel fare era diventato “sine die” ma non “sine spe".

Una vita impostata come tanti, scuola, università, famiglia, figli e relativi doveri. Devo ammettere che non mi è girata male, o meglio che le carte che ho avuto le ho giocate con razionalità, prudenza e costanza. Pochi imprevisti seri, ma tanta fatica, quella quotidiana, essere tenace, non mollare mai o quasi. Un pedale dopo l’altro, spesso in salita e controvento, ma come tanti, stringi i denti e vai avanti.

Sono così arrivato avanti negli anni, schivando gli scogli più duri, indurendo il cuore per non soffrire troppo, cogliendo il bello della vita, apprezzando momenti unici ed irripetibili come regali.

Man mano che il tempo trascorre i doveri sono tutti compiuti e il fisico, nonostante qualche problema non trascurabile, mi ha portato fin qui.

 Il progetto ”il partire” prende forma, prima timidamente nella mia mente, poi inevitabilmente condiviso. Il sogno da ipotesi diventa possibilità ed infine determinazione al fare. Passo dopo passo, pedalata dopo pedalata, voglio ripercorrere quell'immenso cerchio, o almeno una parte che racchiude il mondo. Per ora il passo è La Via del Giappone. Come Marco Polo voglio viaggiare, stupirmi di un’alba diversa ogni giorno più ad Est fino dove è possibile, fin dove l’oceano divora ogni terra e forma una barriera liquida e continua.


190esima e ultima tappa di PedalEst

Atsugi-Tokyo 46 Km, temp 25° C, pioggia,  vento leggero da SE. Tokyo 0 Km. Foto scaricata da Wikipedia  Ebbene sì, sono arrivato alla meta. ...